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San Pietro

Monumenti e luoghi famosi

Piazza San Pietro è la piazza antistante la basilica di San Pietro.
Inserita a margine del centro storico di Roma, la piazza è compresa nella Città del Vaticano, e delimitata dal confine con lo Stato italiano; attraverso il rione Borgo che giace a est, i principali accessi sono da via di Porta Angelica o da via della Conciliazione.

La celeberrima piazza, notevole esempio di architettura ed urbanistica barocca, è dedicata all'omonimo santo ed è quotidiano punto d'incontro per migliaia di fedeli cattolici provenienti da tutto il mondo.
Lo spazio della piazza è formata da due parti: la prima a forma di trapezio rovescio il cui lato maggiore corrisponde alla facciata con specifiche motivazioni prospettiche; la seconda, più grande, di forma ovale con l'obelisco Vaticano al centro.
I due grandi spazi sono unificati da un imponente colonnato architravato. Nella situazione attuale, davanti alla piazza vera e propria troviamo un altro spazio che funge da vestibolo (Piazza Rusticucci, oggi piazza Pio XII) e su cui sbocca in asse, la novecentesca Via della Conciliazione.

Storia
La Platea Sancti Petri fino al XV secolo
La Piazza di San Pietro e la basilica retrostante occupano una piccola valle posta tra il colle Vaticano e colle Gianicolo occupata in epoca classica dal Circo di Nerone, dalla via Cornelia e da un'area cimiteriale ora denominata Necropoli vaticana, dove fu posta, secondo la tradizione, la tomba di san Pietro dopo il martirio nel vicino Circo. Per tale motivo nel IV secolo fu eretta su tale area la grande basilica costantiniana. Con tale costruzione venne creata, interrando anche l'area cimiteriale, una vasta spianata chiamata platea Sancti Petri, in parte occupata dalla chiesa, in parte dal quadriportico ed in parte lasciata libera.
Al suo margine nel Medioevo, nacque il quartiere del Borgo che occupava l'area compresa tra il Tevere e la spianata.
Papa Pio II fece realizzare una scalinata marmorea davanti alla facciata della basilica ed iniziare una loggia per le benedizioni a Francesco del Borgo. Papa Niccolò V aveva progettato di trasformare l'informe spazio in terra battuta della platea in una piazza porticata all'interno del complessivo riordino dell'area vaticana in cui era impegnato Bernardo Rossellino, regolarizzando nel contempo le tre strade medievali del Borgo che vi afferivano. Il progetto non ebbe seguito immediato.
All'inizio del Cinquecento la piazza (platea Sancti Petri) era all'incirca rettangolare, priva di pavimentazione, con un dislivello di circa dieci metri tra il piede della scalinata che conduceva alla basilica e l'antistante quartiere del Borgo che giungeva al Tevere.

La Via Recta o Via Alessandrina
Papa Alessandro VI per il Giubileo del 1500 fece aprire la prima strada nuova rettilinea di Roma, fra il ponte Sant'Angelo e il portone del Palazzo vaticano, forse regolarizzando la medievale via porticata,
Portica Sancti Petri e traversando la platea con una striscia lastricata, inclinata di circa 6 gradi rispetto all'asse dell'antica basilica. Per realizzare tale strada fece demolire, con l'aiuto dei pellegrini, la cosiddetta Meta Romuli, una sepoltura monumentale romana a forma di piramide. Tale asse viario, detto anche Borgo Nuovo, creava davanti al grande portale di ingresso ai palazzi vaticani una prospettiva di circa 800 metri (il Borgo più l'attraversamento lastricato della platea): si trattava della conferma che Alessandro VI non assegnava alcun ruolo prioritario alla basilica di San Pietro nel quadro della creazione della cittadella pontificia; egli proponeva invece come riferimento per questa operazione il palazzo, la curia, la residenza del papa.
La Via Recta, o via Alessandrina o via Borgo Nuovo, è dunque il primo rettifilo centrato sul portone di un palazzo, come una lunga passatoia che dall'androne di questo entra nella città. Il prototipo alessandrino nasce nell'ambito di un programma che non è architettonico: non si prevedeva, in quegli anni, di ricostruire né San Pietro, né i Palazzi Vaticani secondo un disegno unitario. Mentre tutto verrà demolito e ricostruito attorno a quel portale, quell'asse non verrà più cancellato: il portone diventa il Portone di bronzo, e la sua immagine rimane impressa già molto prima di arrivarvi; l'atrio retrostante diventa il lungo corridoio del Bernini, allineato in fondo con la Scala regia che conduce alla Sala omonima, da cui si entra nella Sistina da una parte, nell'alloggio del pontefice dall'altra.
Rapidamente intorno a quest'asse il Borgo, precedentemente in stato di abbandono, si riorganizza in una commistione di edilizia popolare e palazzi cardinalizi progettati dai più importanti architetti del primo XVI secolo.

La basilica di San Pietro
Durante il pontificato di
Giulio II venne deciso di riedificare completamente la grande basilica, iniziando i lavori dalla parte absidale, tanto che la piazza per oltre un secolo non sarà interessata dal grande cantiere.
Tuttavia la lunga storia dei progetti, nell'alternanza tra pianta centrale a croce greca coperta la grande cupola (voluta da Bramante e Michelangelo Buonarroti) e quella a croce latina che si affermerà definitivamente nel clima della Controriforma, determinerà il rapporto con la città della basilica ed in definitiva il futuro assetto della piazza. La costruzione del grande edificio pocedette lentamente, con un lungo elenco di progettisti: Bramante, Raffaello (con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo), Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi, Michelangelo, Jacopo Barozzi da Vignola, Giacomo Della Porta con Domenico Fontana, Maderno.

Interventi sulla platea dal Cinquecento
Durante tutto il XVI secolo la piazza non fu interessata dai lavori di ricostruzione della basilica che continuava a rivolgere, verso la piazza la vecchia facciata, il quadriportico e le varie costruzioni addossate. Pio IV a metà del Cinquecento allarga la piazza sui due lati. Nel 1586 Sisto V fa trasportare davanti alla basilica, circa a metà dell'intervallo fra il piede dell'antica scalinata e l'isolato di fronte, l'antico obelisco egiziano che, dopo essere stato usato come Meta nel Circo Neroniano, si innalzava, poco discosto dall'edificio, sul fianco sud della Basilica[3].
Quando però, vent'anni dopo, la nuova fabbrica di San Pietro si erge in fondo alla piazza, l'obelisco risulta spostato di 1,56 metri verso nord rispetto al suo asse, perché l'architetto Domenico Fontana, nel trasportarlo e collocarlo, si era probabilmente riferito alla basilica costantiniana allora parzialmente ancora in piedi. Inoltre, se fosse stato collocato sull'asse dell'edificio nuovo, sarebbe risultato quasi a ridosso degli isolati a sud della piazza, la cui demolizione verrà decisa molto più tardi.

La questione della piazza
È solo dal Seicento che si pone la questione della piazza. Infatti papa Paolo V, nei primi decenni del secolo fa costruire da Maderno il corpo longitudinale della chiesa rinunciando definitivamente al progetto a pianta centrale di Michelangelo.
È in questa situazione che si passa dalle annose questioni relative all'impianto planimetrico della chiesa, alle questioni relative alla sua facciata ed alla definizione dello spazio antistante.
Il problema era quello di trasformare uno spazio abbastanza indifferenziato, quale era la platea Sancti Petri, in uno spazio monumentale e rappresentativo, direttamente funzionale alla basilica. Mentre, per costruire la navata, si distrugge l'antico quadriportico del Paradiso, si ripropone il problema di soddisfare alle sue funzioni di anticamera di san Pietro, ma più avanti, più all'esterno verso est.
Inoltre adesso i papi guardano dal Quirinale a San Pietro in una prospettiva formale e ideologica diversa da quella che avevano dal Vaticano. San Pietro cessa di essere la grandiosa cappella del palazzo papale e ritorna ad essere una delle basiliche di Roma, ed anzi ormai si concretizza il travagliato progetto, a cui avevano dato avvio Giulio II e Bramante, di fare della chiesa il centro simbolico della cristianità.
La piazza, negli anni seguenti, viene sempre voluta e pensata come chiusa anche per evidente contrapposizione alla precedente platea Sancti Petri, apertissima in ogni direzione. Comunque l'intervento secentesco comprende in realtà tre parti successive: la navata longitudinale con la sua facciata; la piazza San Pietro interna, «chiusa» ed unitariamente progettata; la piazza Rusticucci esterna, «aperta», vuoto ottenuto senza nessun disegno e «progetto».

La facciata
Subito dopo la navata, Maderno realizzò anche la facciata. II progetto fu scelto con un concorso nel 1607, a cui parteciparono anche Domenico e Giovanni Fontana, Girolamo Rainaldi, Giovanni Antonio Dosio e Ludovico Cigoli.
Maderno ripropose il prospetto disegnato da Michelangelo, compreso l'ordine gigante, reinterpretandolo però su un unico piano prospettico, ottenendo una facciata più larga che alta.
Dopo che la facciata era sostanzialmente finita si decise di costruire anche due campanili affiancati alla facciata, forse per correggere le sue proporzioni inusuali. La loro costruzione si interruppe nel 1622 e le due torri rimaste incomplete, al primo ordine, finiranno per aumentare le dimensioni orizzontali della facciata, tanto che Bernini la definì "quatta".
Nello stesso periodo Martino Ferrabosco adeguò l'ingresso ai palazzi vaticani costruendo un nuovo avancorpo monumentale, marcato da una torre con orologio, sempre sull'asse della via Alessandrina.
Nella prima metà del Seicento anche Bernini provò a delimitare la cupola con due campanili, per dare una presentazione assiale dell'edificio con un accesso di scarsa larghezza e forte profondità, ma le critiche ed il cedimento delle fondamenta gli impedirono di procedere con la costruzione.
Immaginerà poi una diversa soluzione, legata alla risistemazione complessiva della piazza.

Il primo progetto di Bernini
Quando Bernini affronta la sistemazione complessiva dello snodo tra il nuovo san Pietro e la città si trova a dover conciliare diversi elementi architettonici (come la grande facciata della basilica), urbanistici (come l'asse alessandrino eccentrico rispetto alla facciata), funzionali (come la necessità di ampi portici per ricovero dei pellegrini) e liturgici (relativi alle rituali benedizioni papali).
La soluzione di un tale problema non può non avere un grande impatto urbanistico.
La prima soluzione elaborata nel 1656 da Bernini è una piazza trapezoidale chiusa tra facciate di palazzi porticati, la cui presenza rispondevano anche ai presupposti economici e funzionali enunciati dalla Congregazione della Fabbrica di San Pietro.
La soluzione viene comunque rapidamente scartata, probabilmente perché non sufficientemente monumentale e rappresentativa del ruolo liturgico della basilica destinata a diventare sempre di più il centro della cristianità.

Il progetto definitivo
Cosí nel 1657 il primo progetto fu sostituito da un altro con porticati liberi di archi su colonne a formare un’ampia piazza ovale e poco dopo con colonnati architravati. Il portico, rispondeva anche all'esigenza liturgica della tradizionale processione del Corpus Domini, guidata dal papa attraverso le strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini.
In più l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non avrebbe impedito al popolo la veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro e di benedirli.
Decisivo fu l'intervento di papa Alessandro VII Chigi che consente di superare le obiezioni relative ai possibili rientri finanziari legati alla possibilità di edificare edifici sui margini della piazza. Nel ripensare il progetto Bernini dovette comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, superando intrighi e opposizioni.

La piazza retta
Davanti alla facciata Bernini prevede uno spazio a trapezio la piazza "retta" la cui forma è ottenuta ribaltando simmetricamente la direzione di via Alessandrina rispetto all'asse della basilica. La divergenza fra le ali fa sembrare più vicina la parete di fondo e al contempo cerca di mediare la necessità di far predominare nella piazza l'asse della basilica (sottolineato dall'obelisco) e nella città l'asse della via Alessandrina, centrata sul portone di bronzo.
Per la forma trapezoidale può essere avanzata anche l'ipotesi di un riferimento extra-biblico all'Ariel ("leone di Dio", perché il leone viene schematizzato con un trapezio per via delle maggiori dimensioni delle spalle), un cortile trapezoidale del Tempio di Salomone (Re e Sacerdote, come il Papa).
Le due ali rettilinee devono però essere svincolate dalla scalinata centrale, essendo il pavimento della nuova basilica 3,2 metri più alto di quello antico, per la decisione presa di realizzare le «grotte».
La cornice dei tratti porticati finisce esattamente alla quota di quella dell'ordine basso inserito da Maderno nell'ordine gigante michelangiolesco. Si ha così l'impressione di un unico partito architettonico che circonda l'invaso.
Nella vistosa inclinazione dei "corridori" Bernini rinuncia alla soluzione cinquecentesca di lasciare un ordine retto, inserendo sotto la base e tra capitello e trabeazione dei 'cunei' triangolari, e usa invece un'"architettura obliqua". Ciò contravviene a quanto sosteneva Vitruvio riguardo all'architettura come specchio della realtà.

L'asse architettonico e quello urbanistico
Quello che nella città è l'asse principale (via Alessandrina), nella piazza diventa l'asse secondario, tanto più che si procede alla demolizione della torre di Ferrabosco che sottolineava l'ingresso ai Palazzi Vaticani, in corrispondenza con tale asse urbanistico.
Inevitabilmente Bernini per la prima volta nella storia della piazza impone l'asse della basilica; ma vi conserva dentro l'asse ormai plurisecolare del Borgo Nuovo, anche se completamente nascosto. Non lo evidenzia in alcun modo né il disegno della pavimentazione, né alcuna eminenza scultorea; ma è vero che nulla lo interrompe, e la fontana nell'esedra settentrionale della piazza è tangente all'angolo esterno di questo percorso, proprio per non intercettarlo.
Dovendo però accettare l'obelisco come centro della nuova piazza, Bernini ha dovuto ruotare l'asse maggiore dell'ovale per renderlo parallelo alla facciata, imprimendo così una sensibile deformazione alla parte trapezoidale.

Piazza ovale
Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra area oltre a quella dell'«insula grande» e rispettare i prospetti delle case ad essa antistanti, con l'intenzione di dimostrare così la netta insufficienza della proposta. Con le demolizioni, che inevitabilmente deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il quartiere di Borgo cambierà radicalmente; fino ad allora le sue case si erano spinte oltre l'abside di San Pietro sul lato meridionale, tra questo e le mura. Le demolizioni per la piazza lo spaccano quasi metà. La trasformazione di Borgo corrispose poi anche a un cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne aristocratico. E diventò probabilmente anche più romano.
Ma perché l'ovale? Perché non era un'ellisse, di più difficile disegno e realizzazione e inconsueto nell'architettura sacra; e perché l'ovale è l'unione di due semicirconferenze che si intersecano nei rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica notoriamente cara alla Chiesa per via delle sue implicazioni cosmologiche.
L'idea dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte contrapposizione alla basilica longitudinale, serviva a reggere la spinta della sequenza formata dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini sosteneva opportunamente che «la chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever à braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl'Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl'Infedeli per illuminarli alla vera fede», dando così una felice immagine del suo intervento ancor oggi comunemente riconosciuta e accettata.
La piazza ovale doveva però essere ricavata in pendio, su cui la posizione dell'obelisco costituiva una quota non modificabile. Nella primitiva soluzione ad arcate si era pensato di far assorbire il dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico orizzontale. Nella soluzione definitiva il colonnato corre su un piano inclinato in modo impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la sua tessitura, formata da intercolumni uguali, è deformata a parallelogramma da pavimento a soffitto.
La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema evocabile dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da Ezechiele come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero della Trinità.
E la concavità della piazza produce l'effetto «teatro» (così definito nei documenti): quando è piena di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea.
Altri particolari:
il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi dell'emiciclo settentrionale;
la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord è parallela al prospetto meridionale dello stesso Palazzo Nuovo.[10]
Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la linearità dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo l'interno del corridoio risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente allineate. Con la posizione delle fontane, che si frappongono tra l'osservatore e gli avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a nord era stata rinnovata dal Maderno, quella "gemella" a sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De' Rossi).
La lunga teoria delle 162 statue di santi – ognuno in corrispondenza di una colonna, come tante singole colonne trionfali – rappresenta la «ecclesia triunphans» in relazione alla «ecclesia militans» cioè la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni delle sculture – realizzate da collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con modelli dal vero provati sulla piazza – sono esattamente la metà di quelle sulla facciata della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e un Gesù di mano berniniana (la cui croce è sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella dell'obelisco antistante). Dimensioni: 198 × 148 metri.

Piazza Rusticucci
L'ingente e complessa manomissione della forma urbana, dovuta alla demolizione dell'ultimo isolato tra la via Alessandrina e Borgo Vecchio – interrompendone la continuità – è messa a frutto in scala architettonica.
La parte occidentale è il recapito dell'asse urbanistico e il luogo del suo raccordo con l'asse architettonico, che si ferma, non potendo prolungarsi nella dimensione urbana.
Il contributo di piazza Rusticucci alla riuscita dell'insieme era determinante: non solo creava la distanza prospettica necessaria per ritrovare la cupola al di sopra della facciata, ma permetteva di vedere anche la piazza e il portico, di cogliere questo spazio-catino anteposto e strettamente congiunto al resto. La piazza è molto decentrata rispetto a San Pietro, ma dalla parte giusta, cioè verso il portone di bronzo.
Dopo lo sventramento piacentiniano è stata sostituita dalla simmetrica piazza Pio XII, termine di via della Conciliazione.

Le colonne
Tra l'obelisco e la fontana di destra, sul suolo, si trova contrassegnato il "centro del colonnato", da cui, con un gioco prospettico, le quattro massicce file di colonne sembrano solo una

La forma complessa rendeva difficile l'allineamento delle colonne e la conformazione dell'ordine.
Anche le basi devono essere deformate sull'arco di cerchio, così come i capitelli se fossero stati utilizzati lo ionico o il corinzio. Quello dorico è pertanto l'ordine più adatto alla geometria della piazza, utilizzato semplificando la trabeazione, senza metope né triglifi così come proposto nell'opera teorica del Vignola.
L'ordine dorico era comunque considerato un ordine eroico adatto alla figura di san Pietro (vedi il martyrium del Tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, del Bramante). In realtà il grande ordine continuo della piazza è dorico nei sostegni verticali – colonne, pilastri e lesene – e più o meno ionico (privo di triglifi) nella trabeazione: così del resto era usato spesso per marcare volumi curvilinei, com'è – per esempio – la trabeazione del primo piano del Colosseo. Relativamente basso ed estremamente austero, il dorico forniva un contrasto semplice e poco attraente ("contrapposto" era la parola di Bernini), che avrebbe ingrandito l'altezza della facciata e aumentato la magnificenza dell'ordine corinzio della facciata.
La giacitura curva implica però l'espediente di aumentare gradualmente il diametro delle colonne dalla prima alla quarta fila per compensare l'aumento dell'intercolumnio. Ciò comporta che le proporzioni delle slanciate colonne e degli intercolumni sul lato interno della piazza sono vicine a quelle del corinzio, mentre all'esterno – più massicce – sono compatibili col dorico; lo scarto proporzionale sarebbe risultato evidente soprattutto nei triglifi, che vengono soppressi anche per questo motivo.

Il «terzo braccio»
Un tema controverso (e delicatissimo) è la saldatura fra il nuovo scenario aulico e il paesaggio urbano preesistente. Bernini ipotizza allora un «terzo braccio» centrale del colonnato, distanziato dai laterali quanto basta per non invadere il canale visivo fra Borgo Nuovo e il portone di bronzo.
Prima segue la forma ovata della piazza (rendendone più netta la percezione), poi approda a una versione rettilinea, che più tardi vorrebbe anche arretrare verso il borgo. Ma la Congregazione, pur decidendo l'abbattimento dell'ultimo isolato di Borgo Nuovo, rimanda al futuro ogni spesa edilizia. Poco dopo, con la morte di Alessandro VII, tramonta l'eventualità di queste aggiunte. La mediazione tra la scala del monumento bramantesco e la scala minuta della città moderna non viene più separata nettamente da altri corpi edilizi.
Lo scenario della piazza è presentato obliquamente anche nella maggior parte delle incisioni e delle fotografie antiche.
È questa coscienza connaturata con la città che ha scongiurato per lungo tempo l'esecuzione dei tanti progetti per la demolizione della «spina»; ancora nel 1882 il consiglio comunale di Roma delibera di sospendere, per questa parte, l'esecuzione del piano regolatore del 1881 «anche per ragioni di estetica, essendo a dubitarsi che quella demolizione possa nuocere all'effetto della piazza di san Pietro».

Risoluzione dei problemi
«L'abilità dell'Architetto si conosce principalmente in convertir i difetti del luogo in bellezza».
Bernini impostò il suo progetto su tutti i vincoli che i secoli precedenti – e i papi e gli architetti – gli avevano trasmesso e imposto.
Solo a San Pietro ha modo di lavorare abbastanza a lungo, in fasi successive e correggendo se stesso, su un unico contesto. Riesce così a riordinare un intero pezzo di città. Ci sono anomalie, simmetrie soltanto apparenti, soluzioni insolite, accomodamenti dissimulati e bruschi raccordi francamente accettati, adattamenti ai vincoli imposti dagli elementi preesistenti e artifici per mascherare la loro irregolarità.
Bernini non considera le proporzioni un valore assoluto ma una variabile dipendente da un più ampio contesto.

Interventi sulla facciata del Maderno
Il prospetto troppo sviluppato in orizzontale, basso e largo, non poteva essere rialzato senza danneggiare ulteriormente la visuale della cupola.
Definita da Bernini una facciata «quatta», priva di ogni apprezzabile articolazione in profondità, fu modificata in senso tanto estetico quanto funzionale. La scalinata che davanti alla chiesa, larga quanto l'intera facciata, viene limitata solo alla parte centrale; davanti alle due appendici, costruite come basi dei due campanili, Bernini demolisce la gradinata preesistente, scava il terreno sottostante e abbassa il nuovo piano di calpestio fino a dove lo consentono le fondazioni delle due appendici, avvicinandolo per quanto possibile al livello del piano su cui poggia la base dell'obelisco. Sulla facciata, nella parte rimasta scoperta al di sotto dell'ordine, replica la stessa zoccolatura che c'era già nelle parti absidali della chiesa. In questo modo la nuova scala sembra qualcosa di aggiunto, di anteposto, migliorando le proporzioni del prospetto.

Non solo: ai lati della nuova scalinata è possibile realizzare due passaggi percorribili anche dalle carrozze e l'originale dislivello tra i piani di spiccato della facciata e dell'obelisco si è ridotto a solo sei metri (che con i 200 metri di distanza dall'obelisco fa una pendenza del 3%, e dunque pavimentazione continua senza gradonature e corretta raccolta delle acque piovane).

Via della Conciliazione (1936–1950)
Bisognava arrivare al 1936 perché due spensierati progetti distruggessero, senza neppure accorgersi, un equilibrio tanto a lungo elaborato, occludendo addirittura l'asse del portone di bronzo e puntando sulla piazza l'asse di uno stradone. «Dal 1960 a oggi le passività dell'operazione restano in tutta evidenza, ma sembrano controbilanciate da una rassegnazione storicista, che riconosce a tutti i fatti compiuti un diritto di esistere, anzi si sforza di riconoscere pregi "artistici" o "testimoniali" a ogni parte della città sufficientemente stagionata».

Un momento della costruzione della via nel 1937: si noti l'ultimo palazzo che copriva la piazza prima della fine degli abbattimenti
Lo sventramento piacentiniano era parte di una prassi collettiva già culturalmente declassata e battezzata da Pagano nel 1940 «l'internazionale dei pompieri».
Il proposito generico di "fare largo" alle spalle del «terzo braccio» berniniano trova credito nella letteratura fino al XX secolo, facendo sopravvivere la voce che Bernini stesso avesse pensato ad una strada assiale alle spalle del «terzo braccio». L'intervento di Piacentini e Spaccarelli fu eseguito dal 1936 al 1950 e portò alla demolizione di palazzi e chiese del Borgo opera – tra gli altri – di Bramante, Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Maderno, Raffaello.
Alla loro distruzione è seguita la ricostruzione con palazzi «armonizzati» a quelli antichi, e in certi casi ribattezzati con gli stessi nomi, reimpiegando alcune finiture ricavate dalle demolizioni. Molte parti decorative (contorni di porte e finestre, stemmi, sculture, colonne, trabeazioni, ecc.) sono immagazzinate nei depositi comunali e al Museo di Roma. Un certo numero di manufatti interi, come le fontane, sono state trasportate in altri luoghi.

Anche la piazza Rusticucci asimmetrica è sostituita da una piazza simmetrica, piazza Pio XII, che ripete senza alcuna ragione la forma e l'orientamento della piazza trapezia davanti alla facciata della basilica, confondendo quel delicato equilibrio trovato in cinquant'anni di lavoro dal Bernini (1629–1679) e declassando così l'intera composizione. Il progetto fu approvato dallo stesso Mussolini che intendeva rendere nota la grandezza della piazza mettendola a paragone con una strada.

La vita nella piazza
Essa è la piazza più vicina, in un certo senso, al cuore del cattolicesimo; il grande colonnato ovale è sempre stato considerato la figura di due grandi braccia che avvolgono maternamente i fedeli.
I visitatori della basilica di San Pietro, siano pellegrini con devozione o siano turisti con interesse culturale, da tutto il mondo e di tutte le razze e le lingue, qui cominciano sempre dall'ammirare e godere l'ampiezza e l'armonia dello spazio e delle forme, lo slancio dell'obelisco fiorito di mille leggende, lo scroscio delle due copiose fontane, avvolti dal cielo di Roma che è bello sempre, e non solo quando è bello come quello di Lombardia (diceva Manzoni).
Data la sempre maggiore affluenza, la piazza è diventata (almeno nella bella stagione) la sede abituale di grandi cerimonie liturgiche presiedute dal papa, come le canonizzazioni, il corteo di insediamento dei pontefici neo-eletti, ma anche le esequie del papa, come avvenne nel 2005 per Giovanni Paolo II, di fronte ad una numerosa folla.
È diventato abituale l'appuntamento dell'Angelus Domini, la domenica alle 12.00, quando il papa si affaccia dalla finestra del suo studio, saluta la folla radunata, fa un breve discorso, recita la preghiera dell'Angelus ed impartisce la benedizione.

La piazza fa parte del territorio vaticano, ma è affidata alla pubblica sicurezza dello Stato Italiano.
Essendo un palcoscenico d'immenso prestigio mondiale, per evitarne la perenne occupazione abusiva in essa sono proibite tutte le manifestazioni pubbliche diverse da quelle religiose.

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